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Biocarburanti: Europa e Italia ci credono

Mar. 22 2023

LE RISORSE DEL PNRR PER AMPLIARNE LA DIFFUSIONE DEL BIOMETANO

Il 31% dei consumi annuali di energia del nostro Paese, pari a 35Mtep, è riconducibile ai trasporti. Di questa percentuale, benzine, diesel, cherosene e GPL – i combustibili fossili – rappresentano oltre il 90%. Una quota molto alta che, osservando gli anni 2005-2021, è tuttavia andata sensibilmente diminuendo (-26%).

Nello stesso periodo l’uso di biocarburanti – biodiesel e benzine bio – è invece aumentato del 701%, passando da 177 a 1.145 ktep. In anni più recenti (dal 2017 in poi) anche il biometano, ovvero il biogas depurato da impurità, ha cominciato a ritagliarsi il suo spazio, crescendo del 66% tra 2020 e 2021 e raggiungendo quasi 140 ktep nel 2021. 

Ad oggi, sono oltre 1,7 milioni le tonnellate di biocarburanti consumate in Italia nel corso di 12 mesi (rapporto Energia nel settore dei Trasporti del GSE - 2022). Di questa cifra la parte preponderante la fa il biodiesel (91%) con più di 1.500.000 tonnellate, seguito dal biometano con quasi 117.000, per una quota del 7%. Marginale l’apporto di bio-ETBE e dell’etanolo. Guardando alla tipologia di biocarburanti ammessi al consumo, l’86% rientra nel cosiddetto double counting e cioè prodotti a partire da rifiuti o residui, materie cellulosiche di origine non alimentare e materie ligno-cellulosiche che, dunque, possono contabilizzare un contributo energetico doppio. Tuttavia, di questa percentuale, solo il 38,7% può però definirsi “avanzato”, ovvero non in competizione con il settore agricolo (nessuna sottrazione di terreno) e alimentare (non si tratta di prodotti che potrebbero essere destinati all’alimentazione umana o animale). 

Intanto, incentivi e risorse pubbliche hanno contribuito e contribuiranno ad allargare la base di mercato del settore dei biofuel
Se la legislazione europea con le Direttive RED I e II (rispettivamente la 2009/28 e la 2018/2001) ha previsto che il settore dei trasporti debba arrivare a una quota di combustili rinnovabili del 14% entro il 2030, quella italiana si è spinta oltre, ponendo obiettivi ancora più ambiziosi. Il PNIEC italiano – cioè il piano nazionale per energia e clima – ha fissato al 22% la quota di energie rinnovabili (sempre entro il 2030), di cui il 38,6% deve essere raggiunto con i biocarburanti.
Dopo gli incentivi che hanno interessato il settore dal 2018 (il noto decreto interministeriale del 20 marzo di quell’anno) oggi, il biometano ha l’occasione di crescere ancora – e in maniera considerevole – date le risorse che il PNRR mette in campo: 1,7 miliardi di euro da investire attraverso l’assegnazione di contributi in conto capitale per investimenti e tariffe incentivanti per la produzione. 
L’obiettivo di questa operazione è promuovere una capacità produttiva di circa 2 miliardi di metri cubi l'anno entro il 2024, ovvero dieci volte in più rispetto a quanto avviene oggi.  Dopo la pubblicazione del decreto n. 340 del 15 settembre 2022, che – in continuità con il citato decreto 2018 – ha l’obiettivo di sostenere la produzione di biometano immesso nella rete del gas naturale, l’ex ministero per la Transizione Ecologica, oggi dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) ne ha disciplinato l’accesso attraverso l’approvazione di una serie di regole applicative (Decreto Direttoriale n. 23 del 13 gennaio 2023).
Come spiegano da Roma, si tratta di criteri che contengono, in particolare, gli schemi di avviso pubblico per ciascuna delle procedure previste, i modelli per le istanze di partecipazione, la documentazione da inviare per la verifica del rispetto dei requisiti, i contratti-tipo da stipulare tra il GSE e i soggetti richiedenti. La prima procedura competitiva per l'accesso agli incentivi verrà avviata già nel primo trimestre di quest'anno.

Come agire, dunque, per beneficiare di queste risorse? In una fase in cui l’Ue e l’Italia puntano con decisione su biocarburanti e biomasse, è determinante per i produttori farsi supportare da un soggetto come Bureau Veritas che certifichi la sostenibilità e la tracciabilità dei combustibili prodotti dai propri impianti. 
Infatti, solo i biofuel riconosciuti come sostenibili saranno ritenuti validi ai fini del raggiungimento dell'obiettivo percentuale posto a livello comunitario a carico dello Stato membro e dunque idonei a beneficiare degli incentivi fiscali che gli Stati membri hanno introdotto. Per quanto riguarda il biometano, poi, l’attività di verifica di ogni passaggio di produzione partendo dalle materie prime al prodotto finito, permette di classificare il biometano prodotto come “avanzato”.

Quindi, la certificazione di prodotto è lo strumento individuato sia a livello europeo che a livello italiano per dare garanzia di origine delle materie prime, certezza nella tracciabilità e sostenibilità lungo tutta la filiera di produzione. Le attività di verifica da parte di un ente terzo accreditato permettono sia l’accesso ai meccanismi incentivati che le qualifiche degli impianti nell’iter con il GSE per l’obiettivo comune nazionale.
Lo scenario, nel nostro Paese, sembra propizio per potenzialità di sviluppo e di diffusione, anche osservando l’andamento dei consumi di biocarburanti in altre nazioni dell’Unione. Infatti, benché da un confronto con Germania e Francia soprattutto i valori italiani siano in generale inferiori, la situazione muta se si considerano le tipologie di questi carburanti. Due dati su tutti. Primo, per quanto riguarda quelli cosiddetti double counting, l’Italia è il primo mercato UE con circa 950 ktep, ovvero il 22% del totale europeo (in valori assoluti). Secondo, siamo il primo mercato di quelli “avanzati” con una quota del 33%, per oltre 400 ktep.

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