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L’economia circolare passa anche dalla sua misurazione

Mar. 16 2023

LA NORMA UNI/TS 11820:2022 PER VALUTARE IL LIVELLO DI CIRCOLARITÀ DI UN'ORGANIZZAZIONE

Passare dalla linearità alla circolarità. O se si preferisce, da un sistema che prevede il rifiuto (da smaltire) come elemento ineliminabile di ogni processo produttivo e pratica di consumo a un altro che, invece, spinge affinché quanto trasformato, prodotto e consumato sia il più possibile riciclato e riutilizzato. Per una svolta – con tutta probabilità – fra le più rivoluzionarie di sempre, considerando che chiama direttamente in causa l’uso che noi esseri umani facciamo delle risorse del Pianeta. 
Benché di economia circolare si parli da diverso tempo, l’obiettivo di disaccoppiare prodotto interno lordo e rifiuti, in maniera che al crescere dell’economia (quantificato appunto nel PIL) vi sia una riduzione della produzione di scarti, è ancora lontano dal realizzarsi.

Ma allora a che punto siamo realmente? Secondo il CEN Circular Economy Network, il tasso di circolarità nel mondo (2018-2020) si è abbassato, passando dal 9,1% all’8,6%. Ciò significa che la percentuale di risorse materiali provenienti da prodotti riciclati e materiali recuperati è minore. D’altra parte negli ultimi cinque anni, se i consumi di materie prime sono aumentati dell’8%, superando i 100 miliardi di tonnellate/anno, il tasso di riutilizzo è cresciuto solo del 3%.

Nell’Europa comunitaria (numeri del 2020), sono state consumate 13 tonnellate di materie prime pro capite all’anno, con un tasso di riciclo del 12,8% e una media di 2,1 euro di PIL generati per ogni chilogrammo di risorse adoperate. In questo contesto, l’Italia tiene, nonostante un’alternanza di luci e ombre. Per esempio, le tonnellate per abitante scendono a 7,4, un tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo che supera il 21% e una media di 3,5 euro di PIL per ogni kg.  Bene anche i numeri sul riciclo dei rifiuti urbani che nella UE sono in media fermi al 47 mentre da noi superano il 54%. Meno circolari invece le nostre performance sul consumo di suolo, sul finanziamento per investimenti in eco-innovazione e sulle attività di riparazione. 

In questo quadro, la propensione alla circolarità delle imprese italiane è in continua crescita. Lo attesta uno studio dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano su sette macro-settori rappresentativi dell’economia del nostro Paese. Secondo quanto affermato dai soggetti coinvolti nell’indagine, il 57% delle aziende ha adottato una qualche iniziativa di economia circolare nella propria organizzazione; fra di esse, la principale è il riciclo, messa in pratica dal 61% del campione. Il report evidenzia poi i risparmi ottenuti e quelli futuri, nel caso in cui le imprese facessero scelte sempre più circolari. Se, guardando al solo 2021, si possono quantificare in 14,4 miliardi di euro di risorse risparmiate, la stima del potenziale economico raggiungibile al 2030, con l’implementazione di ulteriori pratiche manageriali, potrebbe essere addirittura di 103 miliardi l’anno. A cui aggiungere anche la riduzione di emissioni di quasi 1,9 MtCO2.

Ma come fa un’organizzazione a diventare “circolare”? Come misurare i progressi e sapere che si sta agendo bene e nella giusta direzione? Fino ad oggi, non solo vi sono numerose sfumature su cosa sia l’economia circolare, ma coesistono anche un consistente numero di indicatori di circolarità, spesso non confrontabili tra loro, buone pratiche e business model per la transizione circolare misurati con parametri diversi; il tutto senza dimenticare l’eterogeneità della situazione in base ai Paesi, ai settori o agli stakeholder coinvolti.

Una situazione di incertezza e confusione che può aver trovato una prima concreta risposta. Il 30 novembre 2022 è stata, infatti, pubblicata la nuova UNI/TS 11820:2022 Misurazione della circolarità - Metodi ed indicatori per la misurazione dei processi circolari nelle organizzazioni.
Si tratta di una specifica tecnica pensata per un set di indicatori di economia circolare atti a valutare, attraverso un sistema di misurazione su base 100, il livello di circolarità di una organizzazione o gruppo di organizzazioni, incluse le pubbliche amministrazioni.

I requisiti contenuti sono applicabili a tutte le imprese, indipendentemente dal tipo o dimensione, o dai prodotti forniti e servizi erogati e si basano su un set di 71 indicatori suddivisi in 3 categorie:

•    Indicatore CORE: deve essere obbligatoriamente compilato
•    Indicatore SPECIFICO: è obbligatorio compilarne almeno il 50% del totale
•    Indicatore PREMIANTE: indicatore facoltativo che può essere compilato. La compilazione di uno o più indicatori premianti, garantirà un punteggio finale più alto.

Fra i diversi indicatori vi possono essere quelli legati alle risorse materiche e ai componenti, alle risorse energetiche e idriche, quelli relativi ai rifiuti e alle emissioni, alla logistica, quelli propri del prodotto o servizio e infine, quelli connessi alle risorse umane, asset, policy e sostenibilità. Ciascuna organizzazione, una volta calcolato il proprio livello di circolarità, può valutare la conformità del livello raggiunto, rispetto a quanto previsto dalla UNI/TS 11820, mediante un’attività di valutazione di prima, seconda o terza parte. Per asserzione di circolarità ai sensi della presente specifica tecnica si intende la seguente espressione: “livello di circolarità dell’organizzazione [nome] relativo al perimetro di valutazione [codice ATECO A.BB] misurato nell’anno [data] secondo la UNI/TS 11820:2022 pari al [%]”.

L’applicazione UNI/TS 11820:2022 permetterà, quindi di:
•    raccogliere dati di qualità
•    valutare l’andamento e l’efficacia del livello e delle strategie di circolarità nel tempo
•    raccogliere dati del livello di circolarità calcolato secondo la UNI/TS 11820 per reperire dati di benchmark settoriali.

E Bureau Veritas, con i suoi esperti, è pronta ad affiancare le aziende in questa nuova sfida.