Carla-Avallone

Intervista a Carla Avallone, ingegnere chimico

CARLA AVALLONE
In Bureau Veritas è Project Manager OPEX

Le discipline scientifiche indicate in inglese come STEM - Science, Technology, Engineering and Mathematics - sono state a lungo considerate tipicamente maschili.
Ti è mai capitato di sentirti dire che “l’ingegneria non è roba per ragazze”?

Quando ho annunciato alla mia famiglia che avrei frequentato la facoltà di Ingegneria Chimica, non nego sia affiorata qualche perplessità. Il timore non era tanto dovuto alla tipologia di materie e discipline che avrei studiato o al fatto che fosse una facoltà prevalentemente maschile, quanto piuttosto all’impegno che avrebbe richiesto il lavoro di ingegnere una volta terminati gli studi. Allora avevo altre priorità e obiettivi differenti, per cui non mi spaventava l’idea che in futuro avrei lavorato molto o che avrei dovuto trovare soluzioni per conciliare la mia professione e un’eventuale famiglia. Ma, una volta iscritta, ho capito che i miei genitori non erano gli unici ad avere qualche perplessità sul fatto che ingegneria non fosse “roba per ragazze”.

Cosa intendi?
Parto da un aneddoto. Quando ho iniziato a frequentare le lezioni, i bagni per le donne erano solamente due per tutte le studentesse del Politecnico di Napoli, ai maschi invece era destinato un bagno per ciascun piano. La disparità numerica era molto evidente, anche dal punto di vista pratico e logistico. Le cose però sono cambiate rapidamente: soli 5 anni più tardi, quando mi sono laureata, nell’Università erano iniziati i lavori di ristrutturazione. Stavano realizzando bagni per le donne su ciascun piano. Sempre più ragazze si stavano iscrivendo alla facoltà di ingegneria. Era l’inizio di un cambiamento!

Perché hai scelto di laurearti in ingegneria?
Alle superiori ho frequentato il liceo classico, e le ore di matematica non erano molte. Ma le discipline scientifiche mi hanno sempre appassionata. Matematica, chimica, biologia, geografia astronomica, tutte materie che stimolavano la mia curiosità. Così, quando ho dovuto scegliere, non ho avuto dubbi: avrei frequentato ingegneria.

Se avessi una macchina del tempo e potessi tornare indietro, faresti di nuovo la stessa scelta?
Certamente si! La laurea in ingegneria mi ha permesso di conoscere realtà, situazioni e contesti lavorativi differenti tra loro. Ho viaggiato molto per lavoro, in Europa e all’estero. Era quello che desideravo e che speravo sarebbe successo dopo gli studi. Solo di recente, con la nascita dei miei due bimbi, ho rallentato un po’ il ritmo.

Ingegnere, donna e madre. Com’è lavorare in Bureau Veritas?
Se dovessi descrivere il mio lavoro in Bureau Veritas con tre aggettivi userei: dinamico, sfidante e gratificante. Nei miei dieci anni di lavoro qui, mi sono dedicata ad attività diverse tra loro, posso dire che non mi sono mai capitati due lavori uguali.
Non nascondo che all’inizio del mio percorso professionale non fossi un po’ disorientata. Affrontare ogni volta un caso differente può essere impegnativo. Ma ora, a distanza di qualche anno, ritengo che questo modello, applicabile in qualsiasi contesto nella vita lavorativa come in quella privata, sia un valore. Imprevisti, cambiamenti, novità non sono mai insormontabili o spaventosi, ogni situazione può essere gestita e risolta con serenità.