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Intervista a Matilde Michelini Tocci, ingegnere civile

MATILDE MICHELINI TOCCI
In Bureau Veritas è Construction Products Process Specialist 

Essere ingegnere è solo una questione “da maschi” come vorrebbe questo antico stereotipo di genere?
Dal mio punto di osservazione non mi sono mai trovata in situazioni dove fosse presente, più o meno in forma esplicita, questo preconcetto. Prendiamo ad esempio l’università. Benché la percentuale maschile fosse preponderante, non ho mai percepito alcun senso di “solitudine” o di “isolamento”.  

Rispetto a qualche decennio fa, le condizioni sono cambiate.
Non avendolo vissuto in prima persona, non ho piena consapevolezza di come fosse la situazione nel passato, anche prossimo. Posso però immaginare le difficoltà delle ragazze che hanno intrapreso questo percorso venti o trenta anni fa. Quello che vedo oggi è un panorama differente: vi sono molte donne che non solo hanno frequentato la facoltà di ingegneria, laureandosi, ma che esercitano quotidianamente la professione di ingegnere, come dipendenti o libere professioniste.
Forse, l’esempio più chiaro di quanto le cose siano mutate è rappresentato dall’ormai abituale presenza di donne ingegnere nei cantieri, impegnate in ruoli delicati e di comando com’è la direzione lavori. Ed è noto come il cantiere sia un luogo storicamente popolato quasi esclusivamente da uomini.

Come è stata percepita dalla tua rete sociale la scelta di frequentare la facoltà di ingegneria? In famiglia o nella cerchia delle mie amicizie, la decisione per un ambito tecnico non ha destato sorprese né ha sollevato obiezioni. Benché abbia frequentato il liceo classico, la predisposizione verso le materie scientifiche, la passione per il mondo delle costruzioni e la presenza di uno zio ingegnere hanno reso decisamente poco combattuta la scelta di iscrivermi all’Università di Ingegneria della mia città, cioè Bologna.  

Parliamo un po’ di noi. Cosa vuol dire lavorare in Bureau Veritas?
È l’opportunità di entrare in contatto con una realtà grande, multinazionale e dai molteplici settori d’interesse. Ha significato, inoltre, poter ampliare l’orizzonte professionale, affrontando questioni sempre differenti e nuove che difficilmente avrei potuto conoscere rimanendo in uno studio professionale.

E l’ingegneria quindi non c’entra più?
L’ingegneria c’entra ancora, eccome! Infatti, ogni giorno il lavoro che svolgo mi porta – non può essere che così – a mettere a frutto le competenze per le quali sono stata selezionata. Ma questo non mi ha impedito di scoprire ambiti e affrontare problematiche che vanno oltre il perimetro di conoscenza dell’ingegneria.

Nessun pentimento della scelta fatta?
Nessuno. Sono convinta della bontà di quanto deciso dopo la maturità sia da un punto di vista professionale che personale e intellettuale. Aggiungo che l’esperienza maturata in Bureau Veritas mi ha permesso di capire che, oltre la formazione tecnica, la scelta per ingegneria ha saputo darmi un metodo di lavoro o – se si preferisce – una forma mentis utile di fronte ai cambiamenti o alle novità. 

Sfatiamo un altro mito, quello che vuole gli ingegneri come persone poco flessibili.
Decisamente sì! È arrivato il momento di sbarazzarsi del preconcetto secondo il quale avere una preparazione tecnica sia un limite o addirittura un minus. Al contrario, credo che questo genere di competenze – talvolta complesse – rappresenti una marcia in più quando si tratta di dover gestire situazioni difficili o inattese nella maniera più razionale, ordinata e, in fondo, efficace possibile.

A una ragazza che, finita la maturità, vuole provare ingegneria, quale consiglio daresti?
Quello di seguire le proprie inclinazioni, consapevoli che il percorso non è facile e che per arrivare in fondo serve una buona dose di motivazione.