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Sustainability Manager e Practitioner Bureau Veritas

Sustainability Manager e Practitioner. La sostenibilità in azienda richiede professionisti competenti 
 

Mar. 8 2022

Negli ultimi anni, sono sempre di più le imprese che hanno rivolto la propria attenzione ai temi della sostenibilità. Guardando al periodo 2016-2018, quasi un quarto delle imprese con almeno 3 addetti dichiara di aver già investito risorse in questo ambito. E la pandemia non sembra aver intaccato questa tendenza dato che quasi il 30% delle organizzazioni aziendali ha proseguito su questa strada (2019-2021).

Nel novembre 2020, nel mezzo dell’emergenza sanitaria, i soggetti che intendevano investire nell’area della responsabilità sociale e ambientale erano in aumento del 13,7% rispetto al 2019 (Rapporto sulle imprese 2021 - Istat). Prendendo in esame le imprese italiane quotate nel listino FTSE-MIB, invece, sono 35 su 40 (l’87,5%) quelle che hanno assegnato ad un comitato il compito di presidiare i temi relativi alla sostenibilità; mentre 25 su 40 (il 62,5%) hanno scelto di adottare una politica di incentivazione economica dei vertici aziendali in base al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità raggiunti.

Un andamento, quello italiano, che sembra essere ben allineato con le decisioni della Commissione europea, che ad aprile 2021 ha adottato la proposta Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD). Si tratta di un elemento fondamentale all’interno del pacchetto sulla finanza sostenibile, lo strumento normativo che l’Ue ha messo in campo per aumentare il flusso di capitali verso attività sostenibili nell’Europa comunitaria. Fra gli effetti della CSRD vi saranno l’obbligo di una rendicontazione più dettagliata e tracciabile degli standard di sostenibilità e l’ampliamento del numero di società tenute a rendicontare le azioni sostenibili. Questa pratica si estenderà, dunque, alle grandi società e alle società quotate in mercati regolamentati, ad esclusione delle microimprese quotate.

Alla luce di tali elementi, appare chiaro che la sostenibilità economica e sociale abbia un peso sempre più centrale e che da essa possa dipendere lo sviluppo del business aziendale. Ma chi se ne occupa realmente all’interno delle organizzazioni?

Se in passato si è delegato il monitoraggio e la promozione della sostenibilità a figure già esistenti in azienda - magari impegnate in altri ruoli - oggi emerge con insistenza la necessità di una professionalità dedicata, appositamente formata e di esperienza. È il caso del Sustainability Manager o del Sustainability Practitioner, due professionalità molto ricercate in questo momento che, con gradi di seniority differenti, svolgono attività di gestione della sostenibilità in azienda.

Siccome le competenze richieste sono trasversali e variegate, non è sempre semplice individuare un professionista adatto e titolato a ricoprire il ruolo. A fare chiarezza sui requisiti, sui compiti e sulle attività che dovrà svolgere il Sustainability Manager o il Sustainability Practitioner ci ha pensato la Prassi di Riferimento UNI 109.1:2021, pubblicata nel giugno dello scorso anno. Quest’ultima, infatti, è stata predisposta per identificare le caratteristiche dei professionisti della Sostenibilità, definendo anche i processi di valutazione della conformità di tali professionisti.

La Prassi diventa preziosissima in un contesto in cui i professionisti della Sostenibilità sono richiesti sul mercato, e gli HR Manager e/o gli Head Hunter necessitano di criteri oggettivi per selezionarli. Specie in una azienda che vuole sviluppare ex novo la funzione Sostenibilità, la ricerca di un professionista qualificato agevola il compito del selezionatore, che non disponde di tutte le conoscenze tecniche per poter valutare le conoscenze e competenze del candidato. La Prassi è altresì utile per definire la job description ed eventualmente condurre il colloquio, sondando la conoscenza attorno ai temi in essa illustrati.

I requisiti del Sustainability Manager e del Practitioner ruotano su tre criteri:

  • avere come titolo di studio minimo il diploma di scuola secondaria superiore (requisito di apprendimento formale)
  • aver svolto 40 ore di attività formativa negli ultimi 3 anni (requisito di apprendimento non formale)
  • avere un’esperienza minima di 5 anni per il Sustainability Manager, oppure 3 anni per il Sustainability Practitioner in tale ambito. O in alternativa 3 anni di esperienza per il primo se in possesso di un titolo accademico oppure 2 anni di esperienza pregressa per il secondo se questi ha frequentato un master o un corso di alta formazione sui temi della sostenibilità (Requisiti di apprendimento informale).

Inoltre, in relazione al ruolo ricoperto, i professionisti sono tenuti ad accrescere e mantenere le conoscenze acquisite frequentando corsi e incontri di aggiornamento per un totale di 20 ore all’anno.

Ma quali differenze vi sono tra le due figure sopra citate?
Il Sustainability Manager, interfacciandosi con le figure apicali dell’azienda, dovrà guidare e indirizzare le decisioni verso scelte e modelli di lavoro sempre più sostenibili, identificare i temi più rilevanti e raccogliere le richieste di tutti gli stakeholder interni ed esterni. Stilando un elenco di attività, si hanno:

  • sviluppo di un business model sostenibile e basato su prodotti/servizi con positivi impatti e rischi socio-ambientali
  • sviluppo in modo strategico di impatti e rischi sociali della value chain
  • sviluppo in modo strategico di impatti e rischi ambientali della value chain
  • sviluppo in modo strategico di processi decisionali orientandoli in modo etico
  • esercizio di un ruolo di leadership e influenza
  • gestione delle relazioni e della comunicazione verso tutti gli stakeholder
  • orientamento e gestione in modo strategico del cambiamento organizzativo e culturale

Oltre a conoscenze specifiche, il Sustainability Manager deve possedere le cosiddette soft skill, cioè competenze quali leadership, negoziazione, comunicazione, project management.

Per raggiungere l’obiettivo il Sustainability Manager si avvarrà del supporto di un team di Sustainability Practitioner, giovani professionisti dalle competenze trasversali, come il loro superiore, ma dalle minori responsabilità. A essi sono affidati compiti che vanno dal supporto operativo alla realizzazione di attività puntuali come la raccolta di dati per la preparazione di report di sostenibilità o la gestione di specifiche questioni ambientali legate a progetti di economia circolare, alla carbon management e ai consumi energetici.

Considerato il gran numero di compiti richiesti, è facile immaginare che le organizzazioni nella ricerca del candidato idoneo prediligeranno non solo coloro che possono vantare un’esperienza di qualche anno in altre aziende, ma anche chi avrà certificato le proprie conoscenze sostenendo un esame presso un ente terzo accreditato.


Per quei professionisti che invece che vogliono perfezionare e incrementare le proprie competenze, è possibile seguire uno tra i molti master per Sustainability Manager proposto da università ed enti accreditati. Tra questi vi è anche il nuovo Master Standard Internazionali per la Sostenibilità di Bureau Veritas, un percorso della durata di 112 ore finalizzato ad acquisire e sviluppare le specifiche competenze richieste dal ruolo di Sustainability Manager e Practitioner, con una particolare attenzione all’integrazione delle strategie organizzative aziendali negli ambiti specifici. Al termine delle lezioni i partecipanti, per ottenere l’attestato di frequentazione, saranno tenuti a sostenere un esame finale.

Il Master sugli Standard Internazionali per la Sostenibilità costituisce un requisito di accesso per l’esame di certificazione Cepas: Sustainability Manager e Sustainability Practitioner.