STORYTELLER • FRANCESCA DE CESARE, RESPONSABILE FORMAZIONE DEL PEOPLE DEVELOPMENT CENTER, SPIEGA L'IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE PER LA PARITÀ DI GENERE
Francesca, la cultura è alla base di ogni sistema di gestione, e la formazione è lo strumento principe per diffondere la cultura e i valori aziendali. Qual è il ruolo della formazione, per la UNI/PdR 125:2022?
La parità di genere nelle aziende è prima di tutto un problema culturale ed è per questo che la formazione è lo strumento migliore che abbiamo oggi a disposizione per sostenere le nostre aziende in un percorso di cambiamento durevole nel tempo.
La UNI/PdR 125:2022 attribuisce un ruolo focale alla formazione in due passaggi fondamentali.
Innanzitutto, nel definire i requisiti del piano strategico, si precisa che le aziende devono offrire formazione generale e specifica, a tutti i livelli, con interventi mirati contro i pregiudizi e gli stereotipi legati al genere. Si chiarisce inoltre che devono essere predisposti corsi di formazione sui principi etici, sui temi e sulle modalità operative adottati dall’organizzazione, per garantire l’efficacia della politica per la parità di genere.
Inoltre, tra gli indicatori dell’area Cultura e Strategia, si chiede di rendicontare gli interventi formativi realizzati nell’ultimo biennio sulla differenza di genere e il suo valore, gli stereotipi e gli unconscious bias. Tali interventi devono essere rivolti a tutti i livelli, compresi i vertici.
Sulla scia della UNI/Pd 125:2022, molte organizzazioni stanno formando il proprio personale su temi quali empowerment femminile, linguaggio inclusivo, work life balance e genitoralità condivisa.
Secondo la UNI/PdR 125:2022 la formazione deve contrastare gli stereotipi e gli unconscious bias. Perché questo focus?
Il nostro cervello utilizza gli stereotipi (bias in inglese) per poter elaborare il maggior numero di informazioni il più velocemente possibile; è un meccanismo spesso molto utile per prendere decisioni in poco tempo. Purtroppo però i bias possono farci commettere gravi errori quando vengono utilizzati per interpretare situazioni più complesse, che riguardano persone e situazioni particolari. I bias rappresentano delle scorciatoie pericolose che per esempio sul lavoro ci fanno scegliere solitamente le persone più simili a noi perché pensiamo sia più facile relazionarci con loro. Per diffondere una cultura di parità ed inclusione nelle aziende è fondamentale organizzare percorsi formativi rivolti a uomini e donne in cui prendere consapevolezza dei propri pregiudizi inconsapevoli, affrontarli con lucidità così da creare un ambiente di lavoro in cui tutti si sentano rispettati, inclusi e valorizzati.
Francesca: come ogni manager donna, ti occupi di questi temi con una doppia motivazione, potremmo dire personale e professionale. Che cosa ti ha più colpito del dibattito attuale sul tema?
Tante sono le ricerche e gli studi pubblicati negli ultimi anni per dimostrare, senza alcun dubbio, che occuparsi di parità di genere è una questione prima di tutto di business (Ricerche condotte da Leed University Business school; McKinsey Women Matter Report; Boston Consulting Group, Diversity Brand Index etc).
Eppure ancora oggi quando parliamo di parità di genere, empowerment femminile, gender pay gap mi viene in mente la storia de “Il topolino, di Ernest Hemingway”; sento noi donne che gridiamo “C’è una trappola per topi, c’è una trappola per topi”e gli altri ci guardano, spesso con un certo disinteresse, ritenendo che questa disparità non li riguardi.
Quello che sto cercando di fare in contesti lavorativi e personali è evidenziare come la parità di genere sia una opportunità per tutti noi ed “è per noi che sta suonando la campana”.
Per questo motivo a mio parere è fondamentale che le aziende si impegnino in ambito formativo promuovendo percorsi di formazione che aiutino le donne a prendere consapevolezza del proprio valore e a fare networking così da avere la spinta per lanciarsi in nuove sfide (imparando anche dagli uomini). Non solo, la formazione deve essere anche rivolta a diffondere nuovi stili di leadership. Il modello di leadership di oggi non è più quello tradizionale del “capo” (maschio) che sbatte i pugni sul tavolo, i giovani talenti vogliono lavorare in un ambiente inclusivo e che si occupi delle persone. Come racconta Sandro Catani in una recente intervista le nuove generazioni scelgono il lavoro non più in base alla retribuzione ma alla qualità della vita che questo può offrirgli.
In questo senso dobbiamo avere manager in grado di “prendersi cura” dei dipendenti, dei clienti e del contesto in cui operiamo e mi piace pensare che così sapremo apprezzare ed insegnare stili di leadership femminili caratterizzati da maggior empatia e capacità di ascolto, valorizzando la sensibilità delle persone anche ai vertici delle aziende.
La formazione è uno strumento potentissimo per introdurre percorsi di cambiamento nelle nostre aziende, portando nuovi modelli di leadership. Usando le parole di Claudia Parzani generosità, gentilezza, ascolto e valore di squadra sono gli elementi per un nuovo modello di leadership, quello necessario per vincere insieme.
COSA DICONO I DATI:
- Il Global Gender Gap Index è un indice composito che misura i divari di genere in diversi campi: la partecipazione economica e politica, la salute e il livello di istruzione. L’Italia si colloca al 63esimo posto su 146 Paesi monitorati; a livello di Europa l’Italia è 25esima su 35 Paesi. A livello mondiale serviranno ancora 132 anni per colmare il gap di genere; per l’Europa il gap potrebbe essere colmato fra 60 anni.
- Il diritto alla parità retributiva tra donne e uomini per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore è uno dei principi fondamentali sanciti dal trattato di Roma del 1957...dopo tutti questi anni però siamo molto lontani. In Italia il gap salariale è del 5,4% tra i diplomati, sale al 10,4% tra i non laureati e al 30,4% tra i laureati, per raggiungere il 46,7% tra chi ha conseguito un Master di secondo livello. E’ un dato sconfortante che ovviamente crea ostacoli importanti alla carriera delle donne e ha un impatto emotivo non banale. La donna penserà di valere meno del marito/compagno/collega maschio e con il tempo si sentirà davvero meno capace di loro. La UNI/PDR 125 finalmente sta mettendo sul tavolo il tema del gender pay gap; è un tema nuovo per molte aziende italiane, alcune probabilmente si stupiranno nel leggere i dati e nel notare differenze retributive così elevate tanto quanto ingiustificate. Sicuramente la PDR 125 aiuterà le aziende virtuose a prendere consapevolezza sul tema e intraprendere finalmente la strada dell’equità retributiva