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Siccità, buone prassi e normative

Ott. 9 2023

LA RICERCA DEL GESTORE

In vista del convegno “Climate Change: Il fronte dell’acqua”, l'Ingegnere Ettore Antonelli, amministratore presso SAT Servizi Ambientali Territoriali S.p.A., si focalizza sulle criticità del servizio idrico nazionale e sul punto di vista del gestore che vuole provare a mettere in risalto alcuni aspetti ancora poco considerati.

L’estate del 2023 caratterizzata da alte temperature ha nuovamente evidenziato le criticità del servizio idrico nazionale.
Molti comuni hanno utilizzato piani di razionamento, altri hanno spento le fontane e altri ancora proibito l’uso dell’acqua per il giardino.
Ma è davvero questa la soluzione?
Il più importante riflesso della siccità sul sistema di approvvigionamento dell’acqua potabile è la diminuzione delle portate delle sorgenti e delle falde, riducendo la quantità di acqua potabile a disposizione ed esponendo le zone pozzi all’inquinamento naturale dovuto al richiamo del cuneo salino o dell’acqua di superficie. 

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La problematica è seria perché oltre a lasciare interi territori senza risorsa, si rischia di perdere le zone pozzi più critiche a causa della risalita del cuneo salino che ovviamente interessa tutta la fascia costiera nazionale.

Ing. Ettore AntonelliAmministratore presso SAT Servizi Ambientali Territoriali S.p.A.

Le Autorità declinate nei diversi livelli propongono soluzioni differenti, alcune giuste, altre meno ragionate date soprattutto le differenze territoriali e geomorfologiche della nostra nazione. 
Emerge a livello nazionale la necessità di rafforzare la competenza tecnica in materia di pianificazione e gestione acquedottistica.

La prima impressione è che non venga tenuta in debita considerazione la tipicità e le diverse caratteristice geomorfologiche dei territori, preferendo invece l’utilizzo della solita lista di provvedimenti basici e "sicuri" in modo da essere sicuri di aver farlo il possibile.  
Una metodologia corretta dovrebbe in primis affrontare la tipicità e lo studio locale del territorio dove si va a normare, ricordando che a volte luoghi limitrofi hanno caratteristiche nel sottosuolo differenti.  
Non può funzionare una sola normativa nazionale per le differenze macroscopiche evidenti tra luoghi anche vicini che diventano poi gigantesche tra il nord ed il sud della nazione.
L’acqua è una risorsa locale e come tale deve essere considerata; così come ci sono zone di montagna o vicine a fiumi più ricche di acqua, troviamo invece territori poveri di risorsa pur poco distanti dai primi. 

L’Autorità ARERA dal 2012 ha il compito di normare e sorvegliare il funzionamento dei gestori del settore e si è concentrata fin da subito sulle due emergenze principali: ridurre le perdite favorendo gli investimento e stabilire un’equa tariffa pubblica.
Ha creato quindi un complesso sistema tariffario premiante gli investimenti che erano stati bloccati dal referendum "acqua pubblica" (che eliminò di fatto la possibilità per i gestori di inserire in tariffa i costi finanziari degli investimenti), ma delegando di fatto alle Autorità locali EGATO l’onere della valutazione tecnica degli interventI.  
Gli EGATO ‐ apparati delle Province ‐ non avevano però possibilità di assumere nuove competenze tecniche a causa delle riforme dell’ente stesso.  
Quindi le strategie per gli investimenti sulle reti come anche per la gestione delle risorse ivi compresa la strategia per contenere la crisi idrica nel complesso e nel particolare, sono lasciati alla singola capacità dei gestori.
Per semplificare, dal punto di vista tariffario è stato fatto un lavoro imponente di pianificazione; dal punto di vista tecnico ci sono invece ancora problematiche che emergono proprio durante le criticità sistematiche, rivelando la mancanza di una strategia di lungo periodo.  
Per fare un esempio semplice, la soluzione più banale per aiutare acquedotti in difficoltà per emergenza climatica è l’interconnessione degli stessi, anche con territori differenti e lontani, in modo che chi ha più acqua possa aiutare chi ne ha meno.

La normativa prevede l’acquisto di acqua all’ingrosso ma lo penalizza in tariffa senza distinzione, come se fosse visto come una mancanza di capacità gestionale di auto provvedere anziché invece un’opportunità per la salute delle fonti.  
Mentre nei mercati del Gas o dell’energia elettrica ‐ che parimenti gestisce l’Autorità ‐ si configurano solo problemi di tariffazione o vettoriamento, nell’idrico c’è un complesso aspetto di tutela e gestione delle risorse ancora non approfondito, con una serie di problematiche da risolvere per la una corretta visione strategica volta a gestire i periodi di siccità che saranno in futuro sempre più frequenti e durante i quali è necessario operare una complessa gestione e tutela delle zone pozzi in modo non danneggiarle.  
Il punto di vista del gestore vuole provare a mettere in risalto alcuni aspetti ancora poco considerati ma che andrebbero affrontati in un’ottica strategica di tutela della risorsa.

APPROFONDIMENTI

  • SPECIFICITÀ TERRITORIALE E CAPACITÀ DI RIFORNIMENTO

    L’acqua sotterranea, di falda o sorgente, è specifica e differente per ogni territorio.
    Sarebbe utile un rilievo della capacità di rifornimento per abitante, in modo da mappare le zone che possano "esportare" acqua e valutare differenti  strategie locali.
    Sarebbe un dato importante e che  farebbe  stupire  anche  tanti  tecnici.  
    Un tempo la capacità di rifornimento era l’indicatore principale della salute del territorio, mentre ultimamente si ragiona prevalentemente con le percentuali delle perdite dimenticandosi del dato di partenza.
    In zone con elevata capacità di rifornimento diminuisce l’importanza della ricerca delle perdite mentre ‐ dovendo scegliere come investire ‐ potrebbe essere strategica la salvaguardia delle falde, per fare un esempio.  

  • ANALISI DELLO ‘STATUS QUO’

    Ogni territorio dovrebbe sapere quanto dipende da sorgenti, falde e quali sono i punti deboli o il limite di stress in modo da conoscere  le  proprie  capacità  anche con simulazioni di siccità e stagionalità correlate.
    Inoltre, andrebbe monitorato lo stato di protezione dei pozzi e delle sorgenti per capirne la fragilità con strumenti avanzati (curve livello, sensori, industria 4.0 etc). 
    Il nostro paese ha differenti variabili da considerare che condizionano le portate: climatici, stagionali e turistiche in primis.
    Da questa analisi si potrebbe elaborare un piano di gestione delle zone pozzi, delle falde e delle sorgenti, in modo da essere pronti in emergenza e modulare i prelievi durante la giornata per ottimizzare le rendite ed eventualmente fare investimenti per le interconnessioni. 
    Sarebbe utile anche una mappatura di tutti i pozzi privati e dei prelievi nelle zone di influenza ed a monte delle zone pozzi in modo da poter aver una chiara idea del reale emungimento delle falde ed agire di conseguenza in caso di stress.

  • INCENTIVARE LE INTERCONNESSIONI

    È  inutile portare i pozzi al limite dello stress ed al rischio di intrusione salina o captazione delle acque superficiali
    Tanti sono i casi di zone pozzi rovinate ed abbandonate a causa di inquinamento da cloruri che invece possono essere monitorati in modo da far lavorare i pozzi  nelle curve di sicurezza necessarie, garantendone le portate con le regolazioni e le interconnessioni del caso. 
    In Italia si hanno esempi di distretti interi interconnessi ma realizzati per l’ingegno dei singoli gestori. 

  • RICARICA DELLE FALDE

    La salute delle falde sotterranee è l’elemento principe per una corretta gestione delle zone pozzi. 
    La diminuzione delle portate dei fiumi dovuta alla siccità, unita ai prelievi che si fanno lungo le barre fluviali a monte delle zone pozzi corre il rischio di compromettere i pozzi sia in portata che in qualità, fino ad agevolare lo spostamento del cuneo salino dal mare verso l’interno dei territori, come già avviene spontaneamente. 
    In altri paesi esteri questo tema è uno dei milestone del settore con investimenti e normative apposite. 
    In Italia viene affrontato marginalmente, e si assiste ancora oggi a prelievi di acqua a monte delle zone pozzi da parte di privati (centrali idroelettriche, consorzi di irrigazione, etc) che compromettono poi la quantità disponibile per la distribuzione pubblica.

  • INCENTIVARE  LA  RICERCA  DI  NUOVE  ZONE  POZZI

    La  struttura  degli  acquedotti italiani ricalca il disegno dell’inizio secolo, con sviluppi fino agli anni 60 e basati su popolazioni residenti che avevano numeri molto inferiori alle attuali, per non parlare del fenomeno turistico che porta paesi a decuplicare la popolazione nei mesi stagionali con  relativa domanda di servizi.    
    Attualmente si stanno facendo grossi sforzi per la riduzione delle perdite ma non si considera che strategicamente anche la realizzazione di nuove zone pozzi potrebbe portare a grossi aiuti soprattutto nelle zone stressate. 

  • ANALISI DI UTILIZZO DELLA RISORSA E RELATIVI INCENTIVI

    Le statistiche fanno notare che il maggior consumo di risorsa è dovuta al settore irriguo, seguita dall’industriale e solo marginalmente dal fabbisogno domestico. 
    Diventa quindi prioritario nei bacini critici investire per ridurre gli sprechi dove si può ricavare  un  grande beneficio, come ad esempio cambiare i sistemi  di irrigazione. 
    Sono necessari fenomeni di incentivazione al passaggio al ‘goccia  goccia’ anziché disperdere quantità enormi di acqua in vaporizzazioni.

  • ANALISI DEI POTENZIALI INQUINANTI

    Al fine di preservare la risorsa è necessario un monitoraggio dei potenziali inquinanti (umani e naturali) a monte delle prese degli acquedotti, che siano in falda o in sorgente o in bacino. 
    Non ci si può permettere di perdere zone pozzi, data la difficoltà di  trovare territori non antropizzati. 
    È necessario lavorare con strumenti moderni sulle zone di tutela assoluta e relativa e imporre alle amministrazioni il divieto di nuove presenza presenze potenzialmente inquinanti a monte delle zone pozzi o sorgenti. 
    Cosa che ad oggi è invece lasciata ad una vecchia normativa inadatta. 

Come si comprende la gestione della risorsa idrica e delle sue fonti, contrariamente al settore del gas o dell’energia elettrica, risulta essere complesso  e difficilmente affrontabile con soluzioni univoche data la complessità dei territori, delle fonti e della loro gestione ed equilibrio. 
Il settore e le sue normative non approfondiscono ancora a sufficienza il tema della tutela delle stesse, lasciando spesso il gestore senza indicazioni precise, anche per contrastare potenziali pericoli per la risorsa. 
Sarebbe auspicabile  una nuova normativa  scritta con l’apporto di tecnici ingegneri e geologi che prevedesse un riconoscimento per la tutela preziosa  dell’oro blu che purtroppo viene invece ricordata solo quando l’opinione pubblica percepisce il disagio per la scarsità.

La Green Line di Bureau Veritas

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