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Grandi infrastrutture. Sostenibilità e partecipazione del territorio con il protocollo Envision

Lug. 24 2019

Materiali, consumo di suolo, efficienza energetica, gestione delle risorse idriche: realizzare edifici sostenibili ambientalmente si sta affermando come una prassi consolidata. A guidare il corretto modo di procedere vi sono protocolli e sistemi di rating internazionali (Leed, BREAM, ITACA etc.) che ratificano il grado di sostenibilità del building. Questo ha sancito una cesura rispetto al passato nel quale la sostenibilità era solo un criterio accessorio e ha promosso un approccio nuovo e attento del costruire.  

Tuttavia, il concetto di sostenibilità non può più limitarsi al solo edificio. Esso deve estendersi anche alle infrastrutture quali strade, ferrovie, porti, aeroporti, elettrodotti, centrali per energia, reti di comunicazione, acquedotti, depuratori e altre ancora che, com’è noto, impattano fortemente sull’ambiente, sull’ecosistema e sulla vita delle comunità che ne sono interessate per prossimità o possibili effetti. Ed è nota l’importanza di un coinvolgimento attivo del territorio – da intendersi come popolazione che lì vive e lavora – nel processo di progettazione e realizzazione di un’opera. Spesso le scelte non partecipate e unilaterali dei proponenti che non hanno considerato le istanze delle comunità locali hanno poi generato proteste e dissenso intensi e duraturi. Con la conseguenza, principale, di un blocco lavori dai tempi e dall’esito incerti. Atteggiamenti negativi riconducibili alla sindrome NIMBY (Not In My Back Yard) che andrebbero evitati e disinnescati attraverso un approccio di ascolto e di dialogo, di partecipazione attiva, di coinvolgimento delle parti in causa e degli stakeholder per una effettiva generazione del consenso. 
Quindi, come per il building, anche per le opere infrastrutturali è sorta la necessità di avere sistemi di riferimento e standard validi scientificamente e riconosciuti a livello internazionale in grado di indirizzare nella maniera più adeguata le scelte progettuali prima e realizzative poi di un’opera infrastrutturale. 

A questo scopo viene creato negli Stati Uniti – patria del Leed – il Protocollo Envision, un sistema di rating frutto della collaborazione tra ISI, Institute for Sustainable Infrastructure e lo Zofnass Program for Sustainable Infrastructure della Graduate School of Design dell’Harvard University.
Pensato per la realizzazione di infrastrutture sostenibili attraverso una griglia di analisi, Envision è adattabile a qualunque progetto di sviluppo infrastrutturale. La metrica che vi sta dietro ha l’obiettivo di oggettivare la dimensione della sostenibilità, aiutando chi commissiona o realizza l’opera a valutare correttamente le possibili ricadute delle scelte progettuali e fornendo un valore tangibile, chiaro, alla sostenibilità economica, ambientale e sociale dell’opera che si vorrà costruire. Il percorso proposto è quello dell’autovalutazione o self assessment. Sono gli utenti, infatti, a valutare la sostenibilità del proprio progetto utilizzando checklist e tabelle appositamente strutturate. 

Sarà infine un organismo di terza parte, indipendente, a valutare e a certificare la correttezza dell’autovalutazione e il livello raggiunto (ne sono previsti 4, Bronze, Silver, Gold e Platinum). 

Ad oggi nel mondo sono 50 i progetti che hanno ottenuto il certificato Envision. In Italia? A marzo di quest’anno, il progetto della tratta ferroviaria Frasso Telesino-San Lorenzo Maggiore della linea Napoli-Bari ha ottenuto un Certificato Envision per sostenibilità, con il livello massimo Platinum. Realizzato da RFI in collaborazione con Regione Campania, è stato il primo progetto europeo a conseguire questo riconoscimento. 

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