Nell’era social caratterizzata dalla condivisione delle opinioni personali, le recensioni online e l’iperdemocratica possibilità che ognuno di noi ha di scriverle hanno reso la brand reputation (che poi è anche web reputation) un elemento di primaria importanza.
Non che prima si potesse trascurare la percezione che il pubblico avesse di un determinato marchio, tuttavia la minore interazione e i tempi di reazione più dilatati rendevano il tema meno urgente. Soprattutto è diventato prioritario per quelle attività che offrono servizi e prodotti a livello consumer nei settori del tempo libero, dei viaggi e del turismo, della ristorazione e dell’hôtellerie. Non è possibile trascurare il potere esercitato da giganti come TripAdvisor.com, la piattaforma di viaggi con oltre 760 milioni di recensioni di hotel e ristoranti e quasi 500 milioni di visitatori unici al mese.
La rivoluzione digitale non ha, infatti, modificato solo l’approccio con il quale si cerca e poi si sceglie un albergo nel quale soggiornare per vacanza o lavoro; essa ha trasformato l’intero mercato. È sufficiente pensare al ruolo determinante dei cosiddetti metamotori dedicati alla ricerca e alla comparazione dei prezzi delle strutture ricettive (Booking, Expedia, Trivago etc.) che guidano gli utenti verso un ventaglio di opzioni che dovrebbero rispondere ai criteri da loro selezionati. Tra i quali criteri vi è anche l’opinione degli utenti che hanno già avuto esperienza di quel determinato hotel o ristorante.
Per resistere alla concorrenza e accrescere il proprio giro d’affari è fondamentale operare bene. Il che significa, innanzitutto, erogare servizi di qualità, partendo dal core business della propria attività: cucinare piatti buoni, offrire un soggiorno gradevole. Senza (brutte) soprese.
Ma a volte questo non basta. Per attirare nuovi clienti o fidelizzare i vecchi è possibile scegliere strade diverse a seconda delle strategie di business e anche del budget a disposizione. Si può decidere di investire in servizi, in infrastrutture o di offrire maggiori benefit.
Tra i plus che si possono fornire ve n’è uno che spesso viene trascurato perché meno visibile o evidente: la garanzia di sicurezza della struttura. Un bisogno che, invece, sta crescendo a poco a poco, quale espressione di porzioni di clientela che considerano “l’assenza di preoccupazioni” (derivanti da potenziali pericoli) un valore a cui dare la precedenza nelle proprie scelte di consumo.
In questo caso non ci si riferisce unicamente al doveroso rispetto delle normative e all’ottemperanza degli obblighi di legge, ma anche a una serie di azioni aggiuntive e volontarie di verifica e di certificazione messe in atto per fornire ai propri ospiti ulteriori garanzie di sicurezza. La certificazione, risultato di un lavoro serio e approfondito svolto in collaborazione con enti indipendenti, diviene “etichetta” da esporre e presentare insieme alle altre facility e si converte in utile strumento di comunicazione e marketing in grado di attirare nuova utenza.
I temi sono diversi e riguardano, per esempio, la verifica della struttura in ambito antisisma, l’assenza di amianto, la correttezza nelle procedure di conservazione dei cibi, il costante monitoraggio della legionellosi.
Tralasciando in questa sede i pesanti risvolti penali che derivano da incidenti all’interno della struttura, oggi incorrere in quello che un tempo si chiamava “danno d’immagine” (o meglio “reputazionale”) può avere conseguenze molto più ampie rispetto a qualche anno fa, quando “stelle”, “pollici (in su o in giù) e “pallini” ancora non esistevano. E puntare sulla sicurezza, da presentare come azione preventiva in grado di scongiurare situazioni potenzialmente pericolose per l’incolumità della clientela, è quello che ancora manca – quale elemento differenziante – in un settore ad alta competitività.