Con LCA, Life Cycle Assessment, viene indicata una metodologia che valuta l’impatto ambientale di un prodotto o servizio nel corso di tutto il suo ciclo di vita, partendo dalla fase di progettazione, sino ad arrivare al processo di smaltimento, passando per il reperimento delle materie prime ed esaminando anche i passaggi e gli elementi necessari per la sua realizzazione (nel caso di un prodotto si pensi all’energia impiegata o al materiale utilizzato per l’imballaggio e il trasporto).
L’insieme di dati e informazioni raccolti per produrre l’LCA trova la sua origine in due normative UNI, la ISO EN 14040 (2006) e la ISO EN 14044 (2018), la prima riguardante la “gestione ambientale, valutazione del ciclo di vita, principi e quadro di riferimento” mentre la seconda relativa alla “valutazione del ciclo di vita, requisiti e linee guida”.
Le imprese che decidono di calcolare l’LCA dei loro prodotti sono essenzialmente spinte da due ragioni (che possono essere presenti contemporaneamente all’interno di un’azienda ed essere collegate tra loro):
a. verso l’esterno: hanno necessità o vogliono presentare a clienti e stakeholder l’EPD, Environmental Product Declaration (Dichiarazione Ambientale di Prodotto), un documento sintetico nel quale viene enunciato l’impatto che un dato prodotto, o una linea, ha sull’ambiente. In questo caso l’LCA è propedeutico alla presentazione dell’EPD
b. verso l’interno: desiderano analizzare i processi che portano al prodotto finito e gli effetti che questi generano sull’ambiente, in un’ottica di efficientamento complessivo.
Nel primo caso, la scelta di ricorrere all’LCA può essere vista come:
1. un’esigenza per venire incontro a specifiche richieste del mercato, che sempre più domanda alle aziende questo tipo di analisi (ad esempio per accedere a commesse o bandi di gara)
2. una più ampia strategia di comunicazione e marketing per veicolare in modo coerente e affidabile il proprio impegno sul tema della sostenibilità.
Nel secondo, invece, le motivazioni che conducono a questa decisione non possono essere ridotte all’improvviso manifestarsi di un sentimento ambientalista e “green”, bensì ad una scelta ragionata.
Infatti, l’analisi dei processi di produzione è un passaggio rilevante e, nel contempo delicato. Essa contribuisce a far emergere situazioni di criticità spesso nascoste e dunque ignorate, ma responsabili di inefficienze e di conseguenza di possibili aumenti di costo, oltre che di significativi impatti ambientali. L’analisi coinvolge ogni voce, dalle modalità al luogo di reperimento della materia prima, alla scelta della tipologia di imballaggio e distribuzione di un prodotto; una procedura analoga viene praticata per identificare l’LCA dei servizi offerti dalle aziende. Una volta evidenziati i passaggi critici (hotspots), l’azienda lungimirante, consigliata e guidata nella scelta da consulenti, può giungere nel medio-lungo periodo a un’ottimizzazione delle performance sia ambientali che di costo/processo, a un miglioramento della propria efficienza di produzione e, in ultima analisi, alla capacità di innovare il prodotto in termini di sostenibilità (Ecodesign) ed efficienza.
In conclusione, è importante conoscere, attraverso una fotografia chiara e veritiera, l’impatto ambientale di un prodotto e i punti deboli della catena. Ciò ha lo scopo di:
1. migliorare la produzione, consentendo di prendere decisioni consapevoli e convenienti che possono portare ad un’ottimizzazione delle performance ambientali, in alcuni casi anche accompagnata da una riduzione dei costi e delle inefficienze
2. migliorare la propria brand reputation nei confronti di utenti finali, consumatori e stakeholder, in un momento storico nel quale dimostrare di essere attenti anche all’ambiente può essere un importante vantaggio competitivo.