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UNI 11919-1: per un approccio pragmatico alla Responsabilità Sociale

Ago. 31 2023

Il 3 agosto è stata pubblicata la norma UNI 11919, “Modello applicativo nazionale della UNI EN ISO 26000:2020 – Parte 1: Indirizzi applicativi alla UNI EN ISO 26000 Guida alla responsabilità sociale”. 

Costituisce la prima delle tre parti che compongono la norma: la seconda, sarà focalizzata sulla definizione di processi di reporting e accountability; la terza tratterà i requisiti dei processi di asseverazione (assurance) in relazione al modello applicativo della UNI EN ISO 26000.

La UNI 11919-1 nasce dalla trasformazione in norma della UNI/PdR 18:2016, che ha avuto il grande merito di proporre una chiave di lettura più concreta rispetto alla UNI EN ISO 26000; va detto che quest’ultima resta, comunque, a distanza di 13 anni dalla sua pubblicazione, un punto di riferimento nel campo della sostenibilità per la terminologia e per i temi e principi che pone alla base dell’approccio responsabile di un’organizzazione. 

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Claudia-Strasserra
Abbiamo chiesto alla nostra Claudia Strasserra, Chief Reputation Officer, di commentare la nuova norma UNI 11919-1.

Claudia ha un punto di vista privilegiato: è stata infatti  la project leader del gruppo di lavoro che, a suo tempo, ha portato alla stesura della UNI/PdR 18:2016; successivamente, ha partecipato al gruppo di lavoro che – in seno alla Commissione Responsabilità sociale delle organizzazioni – ne ha messo a punto l’evoluzione in norma UNI 11919-1.
 

  • Qual è l’obiettivo della UNI 11919-1?

    La norma intende proporre alle organizzazioni un framework (modello) di responsabilità sociale che sia di facile lettura e agevole applicazione: una guida operativa per comprendere in che modo un’organizzazione può contribuire allo sviluppo sostenibile, pianificando e attuando una strategia di corporate responsability che sia pienamente integrata nei processi dell’organizzazione. Sullo sfondo e all’orizzonte, gli obiettivi della Agenda 2030 che rappresentano le finalità globali cui ogni soggetto – pubblico o privato – è chiamato a tendere. 
     

  • Rispetto alla UNI/PdR 18:2016, quali sono gli elementi di continuità e di innovazione?

    Senza dubbio prevalgono gli elementi di continuità, come la grande attenzione alla “governance”, declinata con particolare attenzione al coinvolgimento degli stakeholder, all’analisi di materialità e all’autovalutazione. Tra gli elementi di novità, segnalo che la nuova norma è stata sviluppata sulla struttura di alto livello (HS) tipica delle norme ISO sui sistemi di gestione, e ciò ne agevola l’integrazione con altri eventuali sistemi già in essere.
     

  • A chi si rivolge la UNI 11919-1?

    La norma si rivolge indistintamente a orgnizzazioni pubbliche e private, di qualsiasi dimensione. Ritengo comunque che ne beneficeranno in particolare quelle realtà che – pur avendo una sensibilità sui temi di sostenibilità – non hanno ancora trovato una formula di Governance capace di dare sistematicità e coerenza al proprio operato. Oggi incontriamo molte aziende che sviluppano iniziative bellissime per l’ambiente o per gli stakeholder, ma in modo episodico senza una reale analisi di ciò che è  davvero rilevante. La UNI 11919-1 propone in primis un modello di Governance per integrare la Sostenibilità nel proprio business e focalizzarsi su ciò che può fare la differenza, rendendo il proprio approccio alla Corporate Responsability qualcosa di distintivo.

  • Quali sono dunque gli elementi fondamentali del framework proposto dalla UNI 11919-1?

    Innanzitutto, le organizzazioni devono comprendere il proprio contesto, le evoluzioni legislative e i trend di mercato in atto, e ovviamente è indispensabile ascoltare i propri stakeholder interni ed esterni: la norma sottolinea in maniera forte l’importanza di un approccio partecipativo.
    Un passaggio fondamentale riveste la Analisi di Materialità, che permette di capire i temi pertinenti e prioritari, sui quali concentrare il proprio piano di azione.
    Fondamentale anche la consapevolezza della Direzione, che deve essere aggiornata sul contesto di Sostenibilità e deve mettere a disposizione le risorse necessarie.
    Particolare enfasi viene data alla valutazione dei rischi e delle opportunità in chiave di sostenibilità che il contesto offre.
    Infine, viene proposto un modello di autovalutazione che richiede lo sviluppo di Key Performance Indicatori idonei, adeguati ed efficaci.
     

  • Oggi sentiamo tanto parlare di “ESG”: come si pone la UNI 11919-1 rispetto a questo acronimo?

    Oggi sentiamo tanto parlare di “ESG”: come si pone la UNI 11919-1 rispetto a questo acronimo? 
    L’acronimo ESG allude ad una serie di tematiche ambientali, sociali e di governance che sono perfettamente ricomprese tra i temi della UNI EN ISO 26000, a cui la UNI 11919-1 fa necessariamente riferimento. Dal punto di vista sostanziale, dunque, vi è una perfetta sovrapposizione. Giova ricordare che la UNI EN ISO 26000 ha identificato sette temi fondamentali della Responsabilità Sociale, articolati a loro volta in aspetti specifici. I sette temi sono: Governance dell’organizzazione; Diritti Umani; Rapporti e condizioni di lavoro; Ambiente; Corrette Prassi gestionali; Aspetti specifici relativi ai consumatori; Coinvolgimento e sviluppo della Comunità.

    Mi piace pensare ad un “elenco di ingredienti” con i quali ogni organizzazione può definire la propria specifica “ricetta” per un approccio socialmente responsabile. Non è necessario utilizzare tutti gli ingredienti (alcuni, potrebbero non essere rilevanti) ma occorre almeno utilizzare un ingrediente per “famiglia”: nella metafora, la “famiglia di ingredienti” corrisponde al “tema” e i singoli ingredienti agli aspetti specifici.

  • L’autovalutazione si conferma un elemento fondamentale, mutuando lo spirito della UNI/PdR 18:2016. Quali sono i passaggi fondamentali?

    La UNI 11919-1 riprende due fondamentali approcci alla autovalutazione: il primo, è a livello macro, o meglio, “di governance”. Le domande suggeriscono una serie di passaggi fondamentali che, di fatto, costituiscono il framework per integrare la responsabilità sociale nella propria organizzazione. Il focus è, a titolo di esempio, sulla consapevolezza dell’Alta Direzione, sul coinvolgimento degli stakeholder, sulla valutazione dei rischi, sull’esistenza di un sistema di indicatori etc.
    Il secondo modello di autovalutazione analizza la capacità di lavorare sui temi rilevanti per il miglioramento delle proprie performance in ottica di sostenibilità. Ogni azienda dovrebbe interrogarsi – in relazione a ciascuno dei temi rilevanti - sulla propria capacità di coinvolgere gli stakeholder e di darsi degli obiettivi; sulla esistenza di policy e procedure per tradurre tali obiettivi nei processi aziendali; sugli strumenti di monitoraggio, di rendicontazione e di mitigazione del rischio.
     

  • Che ruolo ha la figura del Sustainability Manager?

    La UNI 11919-1 valorizza la figura del “Referente della Sostenibilità”, chiamato, tra l’altro,  a garantire un adeguato flusso di informazioni all’alta direzione / proprietà e a sviluppare, implementare, monitorare ed aggiornare il piano strategico di sostenibilità dell’organizzazione.
    Si prevede che il “Referente della Sostenibilità” abbia “competenze professionali simili a quelle definite dalla UNI/PdR 109:2021”, ossia la prassi di riferimento dedicata ai requisiti dei professionisti della Sostenibilità, tra cui il Sustainability Manager.
    Per le aziende che hanno già al proprio interno tale figura, è la conferma del suo ruolo chiave e la esplicitazione dei principali compiti; per le aziende che non hanno ancora formalizzato tale ruolo, è lo stimolo ad avviare una ricerca o formare una risorsa interna, in modo che possa acquisire le copetenze professionali simili a quelle definite dalla UNI/PdR 109:2021.

  • La norma UNI 11919-1 prevede una certificazione di parte terza?

    La norma non è certificabile ma apre alla possibilità di audit di terza parte, finalizzati alla raccolta di evidenze per valutare il grado di maturità dell’approccio socialmente responsabile dell’organizzazione. La norma riconosce che “gli audit di terza parte permettono di uscire dalla logica di autoreferenzialità, beneficiando di un confronto con un soggetto terzo indipendente capace di offrire un punto di vista esterno e dunque arricchente e scevro da condizionamenti”.

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