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Verifiche sismiche nei serbatoi.
Meno incidenti e più Business Continuity

Feb. 27 2019

Secondo gli ultimi dati diffusi nell’aprile del 2018 da ISPRA-SNPA nel “Rapporto Controlli Ambientali SNPA AIA/SEVESO” in Italia erano circa 6.600 gli impianti soggetti all’AIA, l’Autorizzazione Integrata Ambientale, e quelli regolamentati dalla Direttiva Seveso, relativa alla prevenzione dei grandi rischi industriali. Di questi ultimi 513, rientravano nella soglia inferiore della Direttiva Seveso, mentre 540 in quella Superiore (Dlgs. 105/15). Gli stabilimenti appartenenti alla soglia inferiore erano polarizzati per la maggior parte nel nord e nel sud Italia: la Lombardia contava 49 impianti di tipo chimico-petrolchimico e 33 inerenti le industrie galvaniche; in Campania invece erano presenti 29 stabilimenti per il trattamento del gas liquefatto. Una dinamica simile è evidenziata dalla dislocazione territoriale degli impianti che rientravano nella soglia superiore: in Lombardia gli impianti chimico-petrolchimico erano 50 (su un totale di 161). 

Per la tipologia di merci prodotte e per lo stoccaggio e l’utilizzo di materiali potenzialmente dannosi per l’ambiente, le imprese proprietarie di tali impianti (ad esempio raffinerie, aziende petrolchimiche o chimiche) erano e sono tutt’ora tenute a periodiche verifiche e eventuali adeguamenti. Tra le quali anche ispezioni sulla tenuta al sisma dei serbatoi all’interno dei quali vengono stoccati materiali quali petrolio, gasolio, benzina, idrocarburi e gas liquefatti per uso industriale e medicale. 

Un problema quello delle zone sismiche che - diversamente da quanto spesso si crede - non riguarda solo precise aree, ma coinvolge l’Italia nella sua interezza. Nel nostro Paese, pur con gradi di incidenza variabili a seconda delle zone, non esistono porzioni di territorio esenti dal rischio di terremoti.

A questo primo fatto se ne somma un secondo. Quando si tratta di valutare la tenuta di un serbatoio a un evento sismico, sono molteplici i fattori da considerare nel calcolo: da un lato le caratteristiche tecniche del serbatoio (forma della struttura, tipo di materiale utilizzato per realizzarlo, ruvidità delle superfici…) e dall’altro la cosiddetta “meccanica del fluido” in esso stoccato. Alla luce di questi fatti, se all’interno dell’area produttiva sono presenti uno o più serbatoi, cosa è necessario fare per essere in regola con le normative e con gli standard internazionali di riferimento (API 650 e API 653)?

Dopo aver individuato un professionista qualificato ed esperto in materia, i passi per verificare l’idoneità delle strutture e prevedere eventuali interventi di adeguamento sono essenzialmente tre:

1. Censimento documentale relativo a ciascun serbatoio presente all’interno del sito. Da una prima analisi dei documenti di ciascuna struttura è possibile trarre informazioni basilari relative al costruttore, al progetto, ai materiali utilizzati e anche all’anno di realizzazione. Nel caso in cui l’anno di costruzione sia pari o posteriore al 2003, la struttura dovrebbe essere stata realizzata per resistere a un possibile sisma, a partire da tale data infatti si è resa obbligatoria la progettazione con criteri che tenessero in considerazione il verificarsi di movimenti tellurici.
2. Il soggetto incaricato procede con una valutazione visiva e strumentale dello stato e dell’eventuale degrado della struttura e degli elementi che la costituiscono.
3. Si procede con operazioni di modellazione sul funzionamento del serbatoio a livelli differenti di riempimento. Prendendo in esame anche il comportamento e le sollecitazioni che materiali e fluidi con caratteristiche fisiche differenti esercitano sulla struttura.

Diversamente da quanto accade in altri ambiti nei quali per un controllo è sufficiente spuntare una check list, nel caso dei serbatoi è necessario procedere con verifiche fortemente personalizzate. Ogni sito e ogni serbatoio sono un caso a sé stante, perché ciascuna struttura è frutto di uno schema e di una “filosofia” propria di colui che le ha progettate (si pensi solamente alla forma che queste strutture possono avere, parallelepipedi, cilindri…). 

I dati raccolti nei tre passaggi forniscono gli elementi necessari per trarre delle conclusioni riguardo lo stato del serbatoio. Tuttavia:

a. non esistono risultati assolutamente negativi. Infatti, un serbatoio classificato come inadatto per il materiale con il quale è stato testato, potrà essere utilizzato o per stoccare quel dato materiale a livelli inferiori di riempimento, oppure potrebbe essere destinato a contenere materiali diversi con caratteristiche fisiche e reazioni alle sollecitazioni differenti.
b. pur a fronte di esiti negativi, non esistono obblighi che impongono la messa a rinforzo del serbatoio. 

Tuttavia per tutte le altre aziende, pur non obbligate a verifiche o adeguamenti, diviene conveniente decidere di investire in controlli sulla stabilità sismica delle proprie strutture, almeno per tre ragioni, tutt’altro che irrilevanti. 
• La prima riguarda la continuità del servizio o business continuity: verifiche pre e post sisma permettono di conoscere tempestivamente vulnerabilità e potenziali malfunzionamenti. Il che significa poter prendere decisioni per ridurre i tempi di fermo macchine o guasti causati da un evento naturale.
• La seconda ragione rientra nell’ambito della corretta gestione dell’impianto. Conoscere gli strumenti che si hanno a disposizione consente di gestire al meglio i flussi di produzione e le risorse, di ridurre i guasti e i tempi di blocco della produzione da essi derivanti. Si pensi a un serbatoio che, per le caratteristiche e per età, non possa più essere riempito al massimo della capienza: avere contezza del suo attuale stato, permetterà di evitare un blocco nella produzione.
• La terza, non meno fondamentale, riguarda la sicurezza dell’impianto e l’incolumità delle persone che vi lavorano.

Tutto ciò sapendo che le valutazioni sul manufatto (serbatoio) vengono realizzate con gli impianti in servizio, senza bisogno di fermare la produzione; mentre i risultati sono disponibili a partire dai due mesi successivi i test.

Per concludere, qualunque sia la ragione che spinge a un controllo, un fatto è certo: conoscere e agire preventivamente vuol dire ridurre in modo significativo o evitare del tutto la perdita economica dovuta da un arresto della produzione o da un ritardo nelle consegne.

In Italia spesso a muovere alle verifiche è un bisogno cogente di risolvere un’emergenza piuttosto che un’azione preventiva a tutela del proprio business. A mancare è probabilmente la consapevolezza degli strumenti a disposizione per salvaguardare e usare al meglio le proprie risorse. Un ruolo di sensibilizzazione in tal senso potrebbe essere ricoperto dalle associazioni di categoria, che sempre più dovrebbero affiancare le PMI nel percorso di consapevolezza normativa, crescita e consolidamento.

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